La spesa pubblica

La spesa pubblica si classifica in economica e funzionale. La prima serve per agevolare lettura e stesura del bilancio; la seconda riguarda gli obiettivi che lo stato si propone di realizzare attraverso la spesa pubblica.

Nella classificazione funzionale delle spese le prime cinque voci si riferiscono alle funzioni tradizionali dello stato, di quelle spese che lo stato deve effettuare per assicurare il proprio funzionamento, per svolgere importanti attività relative all’ordine pubblico, all’amministrazione della giustizia non che alla gestione dei rapporti con gli altri stati.

Le restanti voci di spesa sono relative alle attività tipiche dello Stato sociale attraverso le quali lo stato pone in essere l’attività finanziaria pubblica cioè il suo intervento nell’economia.

Le tre aree più importanti sono l’istruzione, la sanità e la sicurezza sociali sulle quali si concentra la spesa pubblica perchè si tratta di aree vitali per il benessere della collettività. Oltre alla classificazione economica e a quella funzionale,  vi sono  altre tipologie di spesa. Distinguiamo fra le spese per acquisto di beni e servizi e spese per trasferimenti: le prime hanno una contropartita per lo stato, cioè sono erogate in cambio di un bene o di servizi lavorativi, mentre le seconde sono pagamenti senza corrispettivi. Entrambe le categorie tengono assieme spese che sono molto disomogenee per natura e scopo.

In Italia le spese per trasferimenti ricoprono una percentuale assai elevata del totale della spesa a causa della grandissima incidenza dei pagamenti per interessi sul debito, mentre la spesa pubblica totale in Italia pone grandi difficoltà al governo, quella calcolata senza interessi è al di sotto della medie Europea.

Questa discrepanza si riflette nel dibattito politico.

Una seconda distinzione importante è quella fra spese di governo, destinate alla fornitura di beni ai cittadini, e spese di esercizio cioè necessarie per reperire le entrate. È importante la distinzione relativa al soggetto che eroga la spesa pubblica: quando essa è sostenuta dall’amministrazione centrale si parla di spesa statale; quando proviene dagli enti locali si avrà la spesa locale, infine può essere erogata dagli enti previdenziali allora si chiama spesa previdenziale.

Distinguiamo, inoltre, due livelli di analisi per le spese pubbliche: uno giuridico -                                                                                contabile e l’altro economico. Il primo studia le procedure di spesa che hanno la funzione primaria di rendere possibile un controllo sulla qualità e a quantità della spesa medesima, cioè evitare che i vari centri di spesa impegnino lo stato per somme superiori a quelle stanziate in bilancio, oppure che utilizzino le risorse per scopi diversi da quelli previsti nel bilancio.

L’analisi economica della spesa pubblica si occupa della corrispondenza effettiva fra obiettivi e risultati di essa, cioè della sua efficacia.

La domanda dio un bene rappresenta le quantità che i consumatori sono disposti ad acquistare per ogni dato livello di prezzo. Tali quantità sono decrescenti all’aumentare del prezzo perché quando quest’ultimo aumenta i consumatori comprano meno unità del bene.

L’offerta di un bene rappresenta invece le quantità che i produttori sono disposti a vendere per ogni dato livello di prezzo. Tali quantità sono crescenti all’aumentare del prezzo, perché quando quest’ultimo aumenta i venditori incrementano l’offerta del bene.

In pratica, domande d’offerta sono liste di quantità, che ci dicono quanto i consumatori sono disposti ad acquistare e quanto i produttori sono disposti a vendere per ogni possibile livello di prezzo. Per avere una visione complessiva della situazione ricorriamo al concetto di equilibrio: in equilibrio, i consumatori acquistano esattamente quanto vogliono acquistare, ed i produttori vendono esattamente quanto vogliono vendere.

L’equilibrio rappresenta una situazione di stasi del mercato, perché entrambi i gruppi di soggetti sono soddisfatti e non hanno interesse a modificare la situazione e perché questo sia vero occorre che domanda ed offerta siano eguali.

Il bene di cui consideriamo domanda, offerta ed equilibrio può essere sia un bene di consumo, sia un fattore della produzione cioè un bene impiegato nella produzione di altri beni.

In economia “il bene” oggetto di domanda e offerta è l’intera produzione nazionale e questo particolare “bene” è detto “prodotto nazionale”.

Il “prezzo” a cui viene scambiato il prodotto è in effetti l’aggregato di tutti i prezzi esistenti nell’economia, denominato livello dei prezzi.

Per distinguere le nozioni di domande d’offerta che si riferiscono all’intera economia da quelle che riguardano il mercato di un singolo bene, le prime vengono dette domande d’offerta macroeconomiche.

I “consumatori” e i “produttori” che stanno alle spalle della domanda e dell’offerta macroeconomica sono per i consumatori, le famiglie, le imprese e lo stato; per i produttori sono le imprese che fabbricano beni di consumo e fattori della produzione.

Si deduce che la spesa pubblica è una componente della domanda macroeconomica, insieme al consumo delle famiglie e all’acquisto di fattori della produzione da parte delle imprese e quindi la spesa pubblica contribuisce a determinare il livello di prodotto nazionale e di occupazione. È evidente che al crescere della spesa pubblica aumenta il prodotto nazionale e di conseguenza anche l’occupazione. Ma l’aumento di prodotto ed occupazione non è l’unico effetto dell’incremento di spesa pubblica: anche il livello dei prezzi, cambia, aumentando.

Il fenomeno dell’aumento dei prezzi, detto inflazione, è in generale indesiderabile.

Il vero svantaggio dell’inflazione è che essa induce cambiamenti imprevedibili, e spesso svantaggiosi, nelle variabili economiche. La spesa pubblica ha effetti positivi sull’occupazione, ma a costo di generare inflazione. Stabilito che l’inflazione è una male il problema è verificare quanto di questo male si è disposti a sopportare per godere del ruolo espansivo della spesa pubblica. Molto dipende dalla misura in cui l’inflazione viene generata: maggiore è l’aumento di prezzi indotto dalla spesa pubblica, minore sarà la desiderabilità di un suo impiego.

Distinguiamo due opinioni: gli economisti keynesiani si basano sulla convinzione che la disoccupazione sia un fenomeno permanente nelle nostre economie. Questo implicherebbe che le imprese possano assumere quanti lavoratori vogliono, al salario esistente, ed aumentare di conseguenza la produzione.

Gli economisti classici invece credono che il mercato del lavoro registri costantemente la piena occupazione. Gli individui che non lavorano sarebbero solamente quelli che non desiderano farlo perché aspettano un occasione ideale. Le imprese, allora, non potrebbero espandere la produzione anche se lo volessero, perché non troverebbero soggetti disposti a lavorare per loro. Secondo i classici, dunque, la spesa pubblica non ha alcuna efficacia e i suoi costi sociali sono estremamente elevati. I keynesiani  ritengono che l’azione pubblica possa svolgere un’azione benefica aggiuntiva al rimedio dei fallimenti del mercato, mentre i classici sostengono il contrario.